San Pietro e Paolo – Castello Roganzuolo San Fior

San Pietro e Paolo – Castello Roganzuolo San Fior

Via Pomponio Amalteo è una piccola strada che, lasciando la trafficata statale Pontebbana in basso, si eleva velocemente sull’altura dei Castellari, sulla cui sommità si trova la pieve dedicata ai Santi Pietro e Paolo. Siamo sul sagrato della chiesa di Castello Roganzuolo. Qui il tempo rallenta, il canto degli uccelli si fa protagonista e lo sguardo si spinge verso le colline vicine, verso il Col di Manza dove aveva la propria casa Tiziano, o si perde nella pace delle colline circostanti.

All’interno della pieve si trova uno dei più importanti cicli di affreschi del territorio trevigiano, realizzato da Francesco da Milano tra il 1525 e il 1543. L’attribuzione all’artista lombardo è abbastanza recente e questo chiarisce la presenza nella toponomastica di colui che nell’ottocento venne indicato come l’autore degli affreschi del presbiterio, ovvero Pomponio Amalteo.

L’altura dei Castellari è stata sito paleoveneto e poi villa rustica romana, presidio longobardo e castello dei Da Camino. I veneziani lo distrussero nel 1337 lasciando solo la torre, divenuta poi campanile della pieve, di cui è documentata l’esistenza già nel 1311. E’ una storia lunga e ricca di aneddoti quella legata alla pieve di Castello Roganzuolo.
Parla di Tiziano e della commissione per un trittico dell’altar maggiore, Maria con bambino e i santi Pietro e Paolo, commissionata nel 1543 e realizzata tra molte difficoltà a Venezia, nella bottega del maestro.
Si narra di lungaggini nella realizzazione dell’opera, di pagamenti in denaro e in natura (vino, polli, colombine ecc), della villa sul Col di Manza e della manodopera che vi lavorava gratuitamente per ripagare il maestro per il trittico.

Narra del parroco che nel 1917, dopo la rotta di Caporetto e l’occupazione austriaca, per evitare il sequestro dell’opera la nascose nel sottotetto, causandone però il degrado a causa delle infiltrazioni d’acqua. Narra ancora la storia della rimozone, nel 1980, dell’intera struttura lignea dietro l’altare che faceva da cornice al trittico di Tiziano e la scoperta della grande torre di pietra affrescata sulla parete di fondo del presbiterio.
Oggi l’originale del trittico di Tiziano si trova al Museo diocesano di Vittorio Veneto, nella pieve rimangono delle copie ottocentesche, ma risplende in tutto il suo splendore dopo quasi cinquecento anni il ciclo di affreschi di Francesco da Milano.

L’iconografia è tutta incentrata sulla vita e la missione di Pietro, scelta di grande importanza poiché gli affreschi furono realizzati negli anni in cui la Riforma protestante di Lutero in Germania predicava la salvezza per sola fede. Qui invece viene ribadito in ogni episodio che la salvezza è solo per le opere buone, nella Chiesa, in Cristo e in Pietro.
Il primo apostolo è raffigurato sempre con sontuosi abiti azzurri, tranne nell’episodio della pesca miracolosa, dove è ancora l’umile pescatore Simon Pietro. Episodi celebri come l’incontro tra Cristo e l’adultera si affancano ad altri ripresi dalla Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine, che fa da spunto per la “Caduta di Simon Mago”.
Tra le pareti e le vele della volta a crociera si susseguono decine e decine di figure in un turbinio di colori e linee sinuose, citazioni da opere di Raffaello (dai cartoni per gli arazzi della Cappella Sistina), Pordenone, Tiziano e Giulio Romano. A riprova della vivacità artistica che si respirava in queste terre all’inizio del Cinquecento, non ancora toccate dall’ombra della Controriforma.

Si esce dalla pieve con un misto di stupore e meraviglia per questa scoperta. Si può intuire l’affare che fece Tiziano quando decise acquistare dei terreni da queste parti e perché si prese tanti impicci pur di mantenere una villa in Col di Manza. Con buona pace di Francesco da Milano, che qui è ora giustamente ricordato per il suo lavoro più importante.

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