La bottega dell’incisore

La bottega dell’incisore

Mentre gira quello che sembra un timone, in realtà parte del torchio che fa muovere il rullo, Valentino De Nardo appare come il capitano di una nave. Il maglione blu e il berretto calcato in testa contribuiscono certamente a creare l’immagine del capitano, ma di sicuro ha a che vedere anche con il luogo in cui si trova la sua casa-studio: sulla cima di una collina, immersa nei boschi intorno a Vittorio Veneto e circondata da altre colline, dolci e sinuose come le onde del mare in un giorno di bonaccia.

Prima di mostrarci il risultato finale del lavoro, un’incisione scelta a partire da una lastra tra le tante presenti nello studio, Valentino ci ha raccontato la storia della sua vita e del suo lavoro, a partire da quando faceva il pittore. Abbandonò quella carriera all’inizio degli Ottanta (dopo un viaggio in Spagna per incontrare Dalì) per darsi all’incisione, una tecnica antica e raffinata che lo ha portato, passando dal figurativo all’astratto, ad essere uno dei più importanti incisori italiani contemporanei. Un altro tesoro nascosto delle nostre terre.

Non si ha idea di quanta maestria sia necessaria per realizzare un’incisione, delle tante tecniche esistenti, della quantità di nomi che sentiamo per la prima volta oggi pomeriggio (punzone, maniera nera, morsura, tirafili…) delle prove di stampa necessarie alla realizzazione di un’opera finita. Lo studio di Valentino De Nardo sembra una bottega medievale, così come l’abbiamo sempre immaginata: scaffali di attrezzi, colori e decine di prove di stampa, perché per realizzarne una sola servono almeno dieci-venti prove, che appaiono ai nostri occhi altrettanto belle. 

L’incisione su lastre di metallo, una tecnica che da decenni lo accompagna, gli ha permesso di realizzare opere con soggetti di ogni genere. Ha accompagnato per lungo tempo il suo lavoro per l’illustrazione di libri per bambini, disgraziatamente mai pubblicati (cosa si sono persi quei piccoli!) ed è diventata col tempo un mezzo per realizzare qualcosa di sempre più lieve. I lavori degli ultimi anni sono più rari e più semplici, si avvicinano all’essenzialità di certi lavori orientali. In giro per casa l’Oriente ritorna spesso: nei racconti legati ad un caro amico giapponese, un artista scomparsi ormai molti anni fa, e in certi manufatti che creano un’atmosfera rilassata e che permettono di andare al di là delle mura in pietra della casa. Forse è proprio questo che ci portiamo via dopo un pomeriggio così intenso: la sensazione di essere andati lontano nel tempo e nello spazio pur rimanendo fermi, esercitando quello che Valentino chiama l’ozio meditativo.

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