Il collezionista di ferri

Il collezionista di ferri

A partire dal 1870 Edgar Degas iniziò a dipingere un soggetto nuovo e inconsueto, le stiratrici (Les repasseuses). Una delle versioni che fece più scandalo, oggi al Musée d’Orsay, ritraeva due di queste lavoratrici: una è intenta al proprio lavoro, l’altra invece sfacciatamente sbadiglia in faccia all’osservatore. Lo sbadiglio è quanto rimane impresso più di tutto in questo quadro, ma dopo aver visto la collezione di ferri da stiro del signor Mario, e aver riguardato il dipinto, si rimane colpiti dalla forza con cui la prima stiratrice spinge con le mani sul ferro da stiro.
Una delle prime cose che ci racconta Mario è infatti l’origine del verbo dialettale “sopressàr”, perché all’inizio si stirava non usando il calore, ma il peso del ferro da stiro per lisciare le pieghe. Ecco che nella sua collezione, esposta in mensole ben resistenti, si possono ammirare centinaia di ferri di ogni tipo, ma soprattutto di ogni peso. Se ancora oggi stirare è uno dei lavori di casa meno amati, in passato era una vera e propria faticaccia, poiché i ferri potevano pesare fino a sette/otto chili!

Mario si muove agilmente tra pezzi che coprono un arco di tempo che va dal Seicento al Novecento, con l’unica esclusione dei modelli elettrici, di cui conserva pochi esemplari (tutti funzionanti, scopriamo infatti che la sua vera passione è aggiustare ogni tipo di oggetto). Se i primi pezzi sono in ferro, da cui deriva il loro nome, nel corso dell’Ottocento i modelli più diffusi sono in ghisa e acciaio, alcuni sono dipinti, altri in ceramica. In alto tra i libri Mario conserva anche due bellissimi modelli in ottone dalla Lituania. 

Passando da un pezzo all’altro veniamo a sapere che si è provato a scaldare in ogni modo il ferro: con la brace racchiusa all’interno e una sorta di camino per fa uscire il calore in più, con la pietra focaia, con il gas (così pericoloso che dal 1920 si interruppe la produzione poiché erano frequenti gli scoppi accidentali della bombola), con l’alcool contenuto in una botticella che ricorda quella al collo dei San Bernardo, con dei lingotti in metallo che venivano scaldati e poi inseriti nel ferro…e molto altro ancora.

Ciò che più affascina di questa collezione è la grande varietà delle decorazioni con cui nel corso dei secoli si è cercato di personalizzare i ferri da stiro. Perché nel passato, oltre alla funzionalità, aveva una sua importanza anche la decorazione dei ferri, che potevano avere delle rose in rilievo, dei manici particolarmente elaborati o essere così semplici da sembrare le forme dei piedi usate dai calzolai.
Niente è lasciato al caso, nemmeno quella testina di cavaliere che funge da pomello per aprire la parte superiore del ferro.
Il pezzo a cui Mario è più legato è un ferro da stiro che una signora di Bassano ha riportato a casa dal campo di concentramento, dov’era internata. È un ferro molto consumato, decorato con grandi volute e una testa di drago sul davanti, a incutere paura ad ogni piega che gli si presentava davanti.
Noi oggi però non abbiamo timori: ringraziato Mario per questa visita unica nel suo genere, dopo tanto parlare di stirare per fortuna non passiamo all’azione, ma a una molto più rilassante chiacchierata in pasticceria. 

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